Erica Campanella

Erica allo specchio

di Paola Artoni

Il volto emerge dall’ombra, il lampo degli occhi si fa strada tra le increspature delle palpebre, un moto delle sopracciglia, poi lo sguardo si sposta sulle labbra dischiuse, la piega ai lati della bocca… Noi siamo dall’altra parte, noi siamo lo specchio. Noi siamo coloro che accolgono l’immagine del bambino intimorito e curioso, di una giovane donna dalla bellezza inconsapevolmente intensa, di un’anziana che potrebbe raccontare i suoi lunghi giorni con il tracciato di una penna che ha scritto piccoli solchi tra le pieghe del suo viso… noi siamo dall’altra parte, noi siamo lo specchio. Erica Campanella invita lo spettatore a muoversi tra le pieghe di questa pittura, dove si possono intravedere i tratti di un intimo riconoscimento di sé e dell’altro. Il riflesso è ciò viene restituito da uno specchio immaginario (e noi ci troviamo dall’altra parte di questo specchio, diventando parte attiva di questo dialogo), un riflesso che non ha tracce di narcisismo perché è, al contrario, la dimensione più profonda dell’intimità dell’essere umano, spogliato di compiacimenti e di difese, abbandonato all’essenza più autentica. Il ritratto diventa allora il genere artistico più adatto a rappresentare l’interiorità di Erica poiché, a fare da filo conduttore, è lo sguardo di figure indimenticabili che evocano le diverse etnie di un’unica famiglia umana. Il colore, dalle tonalità calde e sensuali, è steso in pennellate spezzate, con una gestualità decisa e sfaccettata e sempre mutevole, a tratti il segno liquido è solamente una evocazione che rende definibili e, al tempo stesso, indeterminati i contorni delle figure mentre la tavolozza è quasi monocroma. Il ciclo presentato in mostra apre anche le pagine di una seconda traccia, dove il termine “riflessi” si riconduce alla “riflessione” (ciò che per Aristotele accade quando l’intelletto non solamente conosce ma è consapevole di conoscere e che per la filosofia neoplatonica, nel momento in cui si riflette su se stessi, diventa segno della natura spirituale dell’uomo). Erica raccoglie i labirinti della mente, i dubbi, gli ideali, le emozioni di una giovane donna e li trasforma in colore. Nello specchio raccoglie la visione di se stessa (in autoritratti evocativi più che descrittivi) ma pure delinea gli occhi dell’amato, accogliendone le increspature e le speranze. Da alcuni anni Erica sta lavorando sul tema dell’identità del singolo affiancando, come un leit-motiv, anche il tema del doppio. Ma chi è l’altro? L’altro è l’amato, è distante e vicino, simile e differente, con il suo insondabile mistero e nel dialogo con lui l’autrice prende sempre più consapevolezza della propria essenza, delle proprie idee e delle proprie emozioni, sapendo che tutto questo significa anche calarsi in un abisso. La forza dell’artista genera (in una “riflessione” che rimanda alla Genesi) una dimensione in cui si mette in comunicazione con il mondo esterno e questa “riflessione” sull’uomo è allora una vertigine perché si trova ad affrontare, senza veli, il senso della vanitas, della finitezza. Le stagioni umane, segnate dal passare delle età, si contrappongono alla dimensione senza tempo dei fondali, come quando il colore steso sul rame diventa prezioso simbolo della tensione verso l’infinito e la trascendenza. In questo specchio l’essere umano è in continua trasformazione e la galleria dei volti di Erica è una sorta di sintesi di tutto ciò che ci accade quotidianamente, il contatto con un’identità differente dalla propria che non è percepito come minaccia ma come invito a superare il muro dell’indifferenza e del timore. È quasi una “pedagogia” della pittura, un’azione educativa che Erica compie sullo sguardo suo e nostro. Il mondo è visto con gli occhi puri di un bambino (e l’artista è colui che tutta la vita coltiva il bambino interiore capace di stupore…). In questa educazione dello sguardo, dell’empatia, della profonda partecipazione reciproca, c’è l’ascolto, un cammino concreto verso la crescita profonda come artista e come donna. Erica che guarda nello specchio, lo attraversa come nuova Alice, Erica che non ha paura di guardare il fondo del pozzo e di potersi perdere, con la vertigine… Gli occhi di una ragazza, una giovane madre, ci restituiscono un po’ di ossigeno nei giorni crudeli dell’indifferenza e aprono alla speranza di un’unica famiglia umana che possa imparare a vivere in pace. Noi siamo da questa parte, noi siamo nello specchio.

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